L’attività notturna in montagna che può costarti una multa salata: ecco cosa si intende per bivacco

Il bivacco notturno in montagna rappresenta una delle esperienze più intense per gli amanti dell’escursionismo e dell’avventura all’aria aperta. Tuttavia, questa attività, se non svolta in modo consapevole e informato, può comportare sanzioni amministrative anche molto salate, specialmente se si ignorano le normative locali. In assenza di una legge nazionale univoca, il bivacco è regolamentato soprattutto a livello regionale e comunale, con forti differenze territoriali che influenzano la tolleranza delle autorità verso questa pratica.

Bivacco: definizione e differenze rispetto al campeggio

Quando si parla di bivacco in montagna, si intende la pratica di un accampamento temporaneo notturno, effettuato normalmente tra il tramonto e l’alba. Può coincidere con il semplice dormire all’aperto, sotto le stelle o all’interno di una tenda leggera, ad esempio nel corso di una lunga escursione o di un trekking di più giorni, dove non sono disponibili strutture di accoglienza. Questa modalità si distingue nettamente dal campeggio, che comporta una permanenza più prolungata (diurna e notturna) e l’utilizzo di attrezzature più stabili e ingombranti, spesso in aree organizzate o dedicate.

Il bivacco è spesso tollerato in montagna, specialmente dove il pernottamento diventa una necessità per proseguire in sicurezza il percorso. Normalmente, il bivacco notturno permette di montare la tenda solo per il periodo che va dalle prime ore serali fino all’alba, evitando il prolungato stazionamento che caratterizza il campeggio. Mantenere questa distinzione è fondamentale: campeggiare liberamente, al di fuori delle aree consentite, è quasi sempre severamente vietato e può comportare sanzioni, mentre il bivacco viene spesso accettato se improntato al rispetto dell’ambiente e limitato nel tempo.

Normativa italiana e responsabilità dell’escursionista

In Italia risulta assente una legge nazionale univoca che regolamenti in modo dettagliato il bivacco, lasciando così alle Regioni e ai Comuni la facoltà di fissare regole più restrittive o permissive. Di conseguenza, la disciplina locale può variare moltissimo da zona a zona: alcune Regioni riconoscono il bivacco come una necessità dettata dalle caratteristiche della montagna, mentre altre lo regolamentano in modo molto rigoroso. In particolare, la tolleranza per il bivacco cresce in corrispondenza di quote elevate, come succede in Trentino-Alto Adige e nelle Dolomiti dove la pratica è consentita sopra i 2500 metri, purché per una sola notte e nel rispetto dell’ambiente; nelle aree protette come i parchi nazionali o le riserve naturali, invece, i divieti sono assai frequenti.

La responsabilità dell’escursionista è dunque duplice: da un lato occorre informarsi preventivamente sulle ordinanze comunali e sui regolamenti dei parchi in cui si intende bivaccare; dall’altro bisogna rispettare alcune regole di comportamento che tutelano l’ambiente e la sicurezza comune. Non conoscere la legislazione locale o ignorare le restrizioni imposte può comportare sanzioni amministrative, con multe che oscillano tra i 50 e i 500 euro, e che in alcune zone possono risultare ancora più elevate.

L’attività consentita, i rischi e le sanzioni

Il bivacco notturno in montagna, purché praticato soltanto dalle ore serali alla mattina successiva e per una sola notte, è generalmente accettato, soprattutto durante i trekking che attraversano zone prive di strutture di accoglienza. Tuttavia, le regole precise dipendono dalla località e in caso di controllo, la differenza tra bivacco e campeggio può fare la differenza tra una notte passata in tranquillità e una sanzione amministrativa. Ad esempio, la Regione Abruzzo permette il campeggio libero soltanto in aree regolamentate dai singoli comuni e, nei parchi nazionali, esclusivamente in aree apposite e mai sopra i 1500 metri di quota.

  • In alcune regioni al di sopra di quote specificate (come i 2500 metri in Trentino-Alto Adige) è possibile bivaccare purché si rispetti il divieto di permanenza prolungata.
  • Le aree protette e i parchi nazionali seguono regole molto più restrittive, spesso vietando ogni forma di bivacco e campeggio al di fuori delle zone autorizzate.
  • Chi sceglie di bivaccare deve farlo senza lasciare traccia, rispettando l’ambiente e comportandosi in modo discreto; sono vietati assembramenti, fuochi non autorizzati e abbandono di rifiuti.
  • I controlli della forestale sono frequenti nelle aree naturali protette e fuori dai sentieri battuti: violare regolamenti locali può portare a multe che, nella maggior parte delle zone, si aggirano sui 300 euro, ma arrivano fino a 500 euro o più in caso di danni all’ecosistema.

Buone pratiche e consigli per bivaccare in sicurezza

Per evitare spiacevoli sorprese, il primo passo consiste nel consultare le disposizioni ufficiali dei Comuni, dei parchi o delle Regioni in cui si intende pernottare. Gli uffici del turismo e le pagine web delle autorità locali e delle polizie locali forniscono indicazioni puntuali sulle pratiche consentite e sulle eventuali deroghe per casi di emergenza — alcune ordinanze permettono infatti il bivacco in caso di condizioni meteorologiche avverse o perragioni di sicurezza, purché si comunichi tempestivamente la propria presenza.

Alcuni consigli utili per un bivacco responsabile:

  • Montare la tenda poco dopo il tramonto, scegliendo luoghi isolati, lontani dalle strade e dai popolati, senza disturbare la fauna locale.
  • Smontare il campo all’alba, ripulendo ogni traccia del proprio passaggio, compresi rifiuti organici e carta.
  • Non accendere fuochi a meno che sia esplicitamente consentito dal regolamento locale.
  • Adottare materiali biodegradabili, evitare detersivi chimici e limitare l’uso di plastica.
  • Segnalare la propria presenza agli enti competenti, specialmente in caso di escursioni di più giorni e su percorsi ad alta quota.

Infine, ricordare che il bivacco non è mai un diritto assoluto: anche se la pratica è tollerata, va interpretata come una necessità per chi percorre itinerari lontani da infrastrutture, non come un’alternativa alle strutture ricettive presenti a quote più basse. Il rispetto delle regole, dell’ambiente e degli altri frequentatori della montagna garantisce che il bivacco resti una possibilità anche in futuro, senza incorrere in fastidiose sanzioni né danneggiare la natura che rende unica l’esperienza in quota.

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